“Siediti ragazzo, è finita. Nessuno si dimenticherà di quello che hai fatto oggi”. Queste le parole pronunciate da Eddie Futch al termine del minuto più intenso della storia della boxe. Araheta Coliseum di Quezon City, era l’intervallo tra il 14° e il 15° round dell’incontro valido per il titolo mondiale dei pesi massimi. In un angolo Eddie Futch cura le ferite di Joe Frazier, che ha un occhio completamente chiuso, nell’altro Angelo Dundee incoraggia Muhammad Ali semplicemente ad alzarsi per andare in contro alla leggenda. Era il 1° ottobre di 40 anni fa. Era “The Thrilla in Manila”.
Le riprese erano state pari fino alla decima, poi dall’11° al 14° round il capolavoro di Ali.
“Quando Angelo mi disse di alzarmi perché Frazier stava per lasciare non sapevo se ce l’avrei fatta – racconterà in seguito il campione del mondo -. Ero sull’orlo del collasso e, prima di crollare, ebbi appena il tempo di vedere Futch dire al suo pugile che era tutto finito. E’ la cosa più vicina alla morte che ho mai vissuto”.
Quello di Futch, che non si rese conto che Ali era nelle stesse condizioni del suo assistito, è probabilmente l’unico errore di una carriera stellare.
“L’ho colpito con pugni che avrebbero fatto crollare una città” dirà Frazier. Ali però si era alzato dallo sgabello. La vittoria della Trilogia contro “Rude Smoking Joe” valevo, forse, ancora di più del titolo stesso e della borsa (4 milioni di dollari che diventarono 6 col 43% degli incassi). Quando Ferdinando Marcos si complimentò con lui per aver la vittoria di un ulteriore milione di euro per aver scommesso su sé stesso, le parole di Ali furono esemplari: “No, i soldi della scommessa non li voglio: il nostro conto io e Joe lo abbiamo saldato sul ring”.
Da quel 1° ottobre del 1975 sia Ali che Frazier non furono più gli stessi, ma anche la storia del pugilato si arricchì del capitolo più emozionante e duro che sia mai stato scritto.