Eddie “The Eagle” Edwards e quel folle sogno olimpico

Eddie the eagle Edwards
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“In questi giochi, alcuni atleti hanno vinto la medaglia d’oro, alcuni hanno battuto dei record, e alcuni di voi hanno addirittura volato come un’aquila”. Parole di Frank King, presidente del comitato organizzativo dei Giochi olimpici invernali di Calgary 1988, durante la cerimonia di chiusura, rivolte ad un eroe in particolare: il britannico Eddie “the Eagle” Edwards.

Nato e cresciuto a Cheltenham, cittadina termale a sud ovest dell’Inghilterra, centro noto sicuramente più per le corse dei cavalli che per lo sci, Eddie iniziò a coltivare la sua passione su una pista artificiale in collina. Il suo sogno erano le Olimpiadi invernali. Per farlo decise di specializzarsi nel salto, disciplina in cui la Gran Bretagna non aveva mai avuto un rappresentante. A quei tempi ogni Paese aveva il diritto di iscrivere un rappresentante in ogni gara.

Si trasferì per un periodo negli Stati Uniti, a Lake Placid, per allenarsi e partecipare a qualche gara ma ben presto rimase a corto di soldi. Non aveva un’attrezzatura propria e dunque utilizzava quella dei suoi allenatori, anche se per entrare negli scarponi doveva indossare sei paia di calze. 
Quando ricevette la comunicazione del Comitato olimpico riguardante la sua convocazione Eddie lavorava come intonacatore e risiedeva temporaneamente in un ospedale psichiatrico finlandese (non come paziente, ma a causa della mancanza di fondi per trovare una sistemazione alternativa).

A Calgary attirò subito l’attenzione di tutti perché indossava degli inusuali occhiali da vista sotto le lenti di protezione. Partecipò alle gare dal trampolino K70, classificandosi ultimo con salti da 55 metri (il penultimo saltò tra i 68,5 e i 71 metri, mentre il vincitore arrivo a 96 metri), e dal trampolino K90, in cui si confermò ultimo (con distacchi ancora maggiori sia dal penultimo che dai primi).

Il suo divenne un caso mediatico in quegli anni. Il presidente USA Ronald Reagan, si dice, interruppe un incontro ufficiale per assistere ad una sua gara. Fu ospite in molti programmi TV. Tutti parlavano di lui e delle sue prestazioni. L’imbarazzo degli organizzatori fu tale che, per rimediare alla situazione, nel 1990 il Comitato Olimpico Internazionale (CIO) istituì quella che divenne nota come la Regola di Eddie l’Aquila. Per la partecipazione olimpica è richiesto di competere preventivamente in eventi internazionali e di essere collocato nel 30% degli atleti migliori oppure entro i primi 50 concorrenti. In virtù di questa regola non riuscì a qualificarsi per le Olimpiadi successive.

Oggi Edwards vive a Woodchester e continua a fare il muratore. La sua storia è raccontata nel film, uscito nel 2016, “Eddie the Eagle – Il coraggio della follia”.

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