Antonio Perugino, il pugile che ha sconfitto anche la morte grazie al suo manager

Antonio Perugino
Condividi:

Quella di Antonio Perugino è la storia di un pugile italiano, forte, molto forte, che ha concluso la carriera professionistica imbattuto, ma che ha dovuto lasciare l’attività agonistica a 29 anni ed è salvo grazie ad un uomo, il suo manager, Salvatore Cherchi, che è diventato un eroe per aver fatto il suo mestiere in modo impeccabile.

Febbraio 2003 Perugino, 23 vittorie su 23 match disputati, aveva appena sconfitto a Bormio l’argentino Acuna ed era il prossimo sfidante per il titolo europeo dei Medi dell’inglese Eastman. 

“Non ho mai visto mio figlio prendere tanti pugni” dichiarò Giuseppe, padre di Antonio, al termine del match in Valtellina, che il figlio era comunque riuscito a vincere. Antonio era tranquillo, aveva assistito e commentato col suo staff il main event di Giovanni Parisi per poi andare in albergo. Verso la mezzanotte, però, Cherchi, mentre gli curava un taglio al sopracciglio, notò che il colore delle pupille di Antonio erano di colore diverso. Chi è esperto di pugilato sa che quello è un segnale inequivocabile di danni cerebrali.
Da lì la corsa all’ospedale di Sondali, distante 10 chilometri, la sala operatoria da cui Antonio è uscito solo all’alba, il coma e la paura sul volto e le parole di Giuseppe, che poco tempo prima aveva perso un altro figlio, Prisco, anche lui pugile. “Qualche minuto di ritardo e sarebbe stata la fine”. 

Da quel momento Antonio Perugino non è più salito sul ring, ma il suo score è stato aggiornato: 24 match tutti vinti, uno anche contro la morte.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *