Roberto Baggio, dall’inferno alla gloria in 81 giorni

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Coloro che fanno sforzi continui sono sempre pieni di speranza. Abbracciate i vostri sogni e inseguiteli. Gli eroi quotidiani sono quelli che danno sempre il massimo nella vita. (Roberto Baggio)

E’ il febbraio del 2002. Il Brescia gioca a Parma per la semifinale di Coppa Italia. Roberto Baggio entra all’inizio del secondo tempo. Durante un’azione d’attacco Roberto scambia con Igli Tare, che gli restituisce palla. Una triangolazione che non si chiude, perché Baggio si accascia a terra, una mano sul volto, l’altra lungo la gamba.

Diagnosi durissima: rottura del legamento crociato anteriore del ginocchio sinistro.

Non è la prima volta che il Divin Codino incorre in un grave infortunio, la sua carriera è stata tartassata dalla sfortuna. Però un intervento al crociato a 35 anni, non è come subirlo a 20.

Baggio lascia il campo in barella, dopo 24 ore decide di operarsi. Vuole farlo il prima possibile. C’è un obiettivo, anzi un sogno, da raggiungere: il Mondiale in Corea e Giappone.

Il 4 febbraio Baggio si sottopone a intervento chirurgico, poi la riabilitazione, tanta fisioterapia e ancor più forza di volontà. Solo chi è abituato alle sfide, contro gli altri, contro sé stesso, accetta di confrontarsi contro il nemico più inesorabile, il tempo.

Roberto Baggio torna in campo 81 giorni dopo, il 21 aprile. Il suo Brescia è in piena lotta per non retrocedere. Mancano tre giornate alla fine del campionato. C’è un bisogno disperato di fare punti. Il destino non ha scelto a caso la squadra contro cui Baggio fa il suo ritorno in campo. C’è la Fiorentina, il club che l’ha lanciato nel grande calcio e che l’ha consacrato fuoriclasse.

A Brescia si respira “un’aria particolare”, Baggio sente “qualcosa nell’atmosfera” che non si può descrivere.

Circa a metà del secondo tempo Mazzone richiama in panchina Giunti e lancia Baggio. Dopo due minuti Roby mette Toni da solo davanti alla porta. Il portiere ribatte il tiro da distanza ravvicinata, respinge anche il tentativo di ribattuta. Il pallone si impenna. Baggio sembra un rapace che punta la sua preda. La sua preda è il pallone, che gli rimbalza affianco in modo strano. E’ spalle alla porta. Sa che aspettare un altro rimbalzo potrebbe dare la possibilità al difensore di recuperare posizione. Ruota col busto, alza il piede sinistro e colpisce la palla quel tanto che basta per spingerla in rete e far esplodere uno stadio intero. I compagni di squadra lo portano in trionfo.
Non sono passati neanche tre mesi dalla frattura del legamento e Roberto è già lì a fare la differenza.

Ma non basta, la partita deve essere chiusa. Mazzone carica il Brescia.

Guardiola lancia Bachini. Il centrocampista serve un assist a Toni che riceve in area di rigore, ma non riesce a concludere con forza. Il pallone, dopo una ribattuta, capita sui piedi di Baggio. Tra le doti perfezionate negli anni da Roberto c’è l’opportunismo. Gol. E’ l’apoteosi.

Alla fine del campionato il ct della nazionale Giovanni Trapattoni decide di non portare Baggio ai Mondiali, scatenando una protesta popolare. Il Trap non crede nella tenuta fisica di un 35enne, eppure quel vecchietto riuscirà a trascinare il Brescia verso la salvezza, con dimostrazioni di pura poesia e magia, per altri due anni.

L’anno dopo il suo ritiro, sancito dalla standing ovation di San Siro nel 2004, il Brescia, orfana del numero 10, maglia che non vestirà mai più nessuno, in onore del più grande giocatore ad aver indossato i colori del club, retrocederà in Serie B.

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