10 giugno 2016, Musa Juwara, una ragazzo di 15 anni senza i genitori sbarcò in Sicilia da un gommone malandato con cui, come altri 25mila minorenni, aveva attraversato il Mediterraneo dall’Africa in cerca di una nuova vita.
Musa, classe 2001, dopo essere sbarcato a Messina, fu mandato al centro di accoglienza di Ruoti, in Basilicata. Lì ha iniziato a giocare a calcio. L’allenatore della Virtus Avigliano lo accoglie come un figlio, diventa suo genitore affidatario. Il giovane venuto dal Gambia inizia a mettersi in mostra nei tornei giovanili. Il Chievo si accorge delle sue qualità, lo aggrega alla Primavera e addirittura lo fa esordire in Serie A a maggio del 2019.
In estate è il Bologna a investire su di lui. Sinisa Mihajilovic lo aggrega presto alla prima squadra. A San Siro, sotto di un gol, Sinisa lo richiama dalla panchina al minuto ’65. “Musa, vinciamo questa partita”. Juwara entra, segna il gol del pareggio, il primo in Serie A, proprio alla Scala del Calcio. Con la sua velocità mette in grande difficoltà tutta la difesa dell’Inter, provoca l’espulsione di Bastoni e spiana la strada alla vittoria in rimonta della sua squadra.
“Il gol è merito di Mihajlovic – racconta Musa a fine partita -. Lo ringrazio perché mi ha fatto giocare contro l’Inter. Sono contentissimo per questa giornata, ho solo 18 anni e ho segnato a San Siro, la ricorderò tutta la vita”. Lo ricorderà Musa, sicuro. Come non dimenticherà il lungo, terribile, viaggio che lo ha portato dal Gambia alle celebrazioni sulle prime pagine dei giornali italiani.