Dopo il ripescaggio, nella categoria dei pesi medi (69-75 kg) dello svedese Adam Chartoi, le porte di Tokyo 2020 si chiudono anche per Salvatore Cavallaro, che fino all’ultimo aveva sperato in una rinuncia della federazione scandinava. Per la prima volta in 101 anni, ovvero da Anversa 1920, l’italia non avrà un pugile ai Giochi Olimpici. A tentare di portare in alto il tricolore nelle gare di pugilato saranno dunque le donne: Giordana Sorrentino (mosca), Irma Testa (piuma), Rebecca Nicoli (leggeri), Angela Carini (welter).
La boxe è spesso stata una delle discipline che hanno regalato più medaglie all’Italia. In un secolo di storia sono ben 47 le medaglie azzurre nel pugilato, che ci hanno reso una delle potenze mondiali in questo sport, secondi solo a Usa (114), Cuba (73) e Gran Bretagna (56). Il picco più alto dell’Italia alli Olimpiadi si è verificato nel 1960, con 7 medaglie, di cui 3 ori, 3 argenti e un bronzo.
Le Olimpiadi di Mosca 1980 sono state quelle col minor numero di pugili italiani, 4. Da quel momento in poi, fino a Rio 2016, la boxe italiana ha sempre avuto almeno 5 atleti ai Giochi.
Cammarelle a Pechino 2008 ha vinto l’ultimo oro per l’Italia, mentre non riuscì a ripetersi a Londra 2012 solo per un verdetto in finale con Anthony Joshua che definire discutibile sarebbe un eufemismo. A medaglia andarono anche Russo, argento nei massimi, e Mangiacapre, nei superleggeri.
Negli ultimi anni il movimento pugilistico italiano ha dilapidato la sua tradizione secolare, una storia scritta da nomi illustri come Aureliano Bolognesi, Franco De Piccoli, Nino Benvenuti, Fernando Atzori, Patrizio Olivia, Maurizio Stecca e lo stesso Roberto Cammarelle. L’assenza di nostri pugili a Tokyo è il punto più basso mai toccato dal pugilato azzurro.