Napoli campione d’Italia. Dopo quelli di Diego, ecco lo Scudetto del gruppo!

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Il Napoli ha vinto lo scudetto, il terzo della sua storia. I primi due sono ricordati come “gli scudetti di Maradona”. Questo invece non può avere un solo nome.

Lo scudetto di Meret: sempre discusso, pronto ad essere messo alla graticola. Il suo destino sembrava essere lo stesso di tanti big. In estate si parlava di Navas, Kepa. Invece a difendere i pali del Napoli sono stati i suoi guanti. La sua stagione è stata la migliore da quando gioca in Serie A. Quest’anno ha commesso un solo errore, col Bologna. Poi è stato quasi perfetto.

Lo scudetto di Kim Minjae: Koulibaly è insostituibile, dicevano. Un coreano a guidare la difesa di una squadra di Serie A, insistevano! Invece Kim si è presentato con il soprannome di Monster e in pochi giorni ha dimostrato a tutti perché in patria lo chiamano così. Durante tutto il campionato ha ribadito il concetto in ogni occasione utile.

Lo scudetto di Amir Rrahmani: Non il difensore a cui viene dedicata la copertina, ma costante, attento, diligente. In poche parole come deve essere un difensore. E poi ha quel vizietto del gol che non guasta mai.

Lo scudetto di Mario Rui e Mathias Olivera: il portoghese è passato dall’essere il capro espiatorio di tutte le sconfitte all’essere considerato “il maestro”. I tifosi reclamavano finalmente l’acquisto di un terzino sinistro affidabile, è arrivato Olivera, che si è dimostrato affidabilissimo. Ma Mario Rui quest’anno è salito di livello a suon di assist e prestazioni sempre convincenti.

Lo scudetto di Leo Ostigard e Juan Jesus: difensori che si sono fatti trovare pronti ogni volta che sono stati chiamati in causa per sostituire o far rifiatare i titolari.

Lo scudetto di Giovanni DI Lorenzo: non salta una partita. Le gioca tutte ed è sempre da 6,5 in su. Applicazione, tecnica, spirito di sacrificio e tanta gavetta fatta in passato: è personificazione della classe operaia che va in Paradiso.

Lo scudetto di Stanislav Lobotka: qualcuno l’ha paragonato a Iniesta, qualcun altro a Xavi. Niente di tutto ciò, ma sono paragoni che servono a far capire la stagione che ha disputato questo giocatore che era stato mortificato nella passata gestione tecnica e che è a tutti gli effetti il più insostituibile di questo Napoli targato Spalletti.

Lo scudetto di Frank Zambo Anguissa: preso dalla Premier League a prezzo di saldo e rivelatosi subito un centrocampista di grande spessore, fisico e tecnico. Insieme a Lobotka ha formato un reparto completo in grado di rompere e creare.

Lo scudetto di Piotr Zielinski: di lui qualcuno dice che sia un’eterna promessa, che bisogna ancora aspettare la sua esplosione. Ha nei piedi tanti gol e assist, ma quest’anno ne ha segnati forse meno del solito, sacrificandone alcuni per fare il classico lavoro sporco al servizio della squadra. Nel gol di Raspadori a Torino che ha suggellato lo scudetto c’è tantissimo di suo.

Lo scudetto di Elis Elmas: il miglior 12° uomo del campionato. Pur non essendo sempre in formazione titolare è stato sempre il primo cambio di Spalletti. Criticato eccessivamente a inizio stagione per un post ironico in cui dichiarava il suo amore alla panchina, ha sempre risposto presente ogni volta che è stato chiamato in causa regalando giocate e reti. La sua impronta su questa stagione è innegabile.

Lo scudetto di Irving Lozano e Matteo Politano: in concorrenza sulla fascia. A loro erano chiesti gol e assist, ma li abbiamo visti fare diagonali difensive e recuperi sulla linea di fondo.

Lo scudetto di Kvicha Kvaratskhelia: chi? Karascella… Karacoso… OK, il georgiano, Kvara. Il suo è stato un impatto devastante sulla Serie A, la sua crescita costante, fino a diventare Kvaradona. Dal Pocho Lavezzi il popolo napoletano non si innamorava così, subito, di un calciatore. Tutto merito di quei dribbling che ricordano uno slalom speciale, della barba incolta, capelli arruffati e calzettoni bassi che riportano alla mente George Best.

Lo scudetto di Victor Osimhen: al suo terzo anno regala lo scudetto al Napoli, come accadde a Maradona, arrivato nel 1984 e campione d’Italia nel 1987. Non è un paragone, per l’amor del cielo, ma solo una coincidenza. Ma come Diego, Osimhen oggi è stato probabilmente l’uomo chiave per il trionfo azzurro. E chi l’avrebbe mai detto che quel ragazzone sgraziato, irascibile e scoordinato sarebbe diventato un bomber da oltre 20 gol (senza rigori e con molte partite saltate per infortunio).

Lo scudetto di Giovanni Simeone e Giacomo Raspadori: Nonostante un gigante a fare loro ombra, i due attaccanti hanno impresso il loro marchio sul tricolore segnando reti pesantissime. Come quelle di Simeone al Milan, che ha dato consapevolezza alla sua squadra di essere pronta per il titolo, e alla Roma, che ha lanciato gli azzurri da soli in una corsa inarrestabile. Fondamentali anche i gol di Raspadori con lo Spezia, all’ultimo minuto di una partita bloccata, e con la Juventus, sempre all’ultimo respiro, che ha fatto finalmente cadere anche l’ultimo spiraglio di scaramanzia e ha fatto urlare la parola Scudetto.

Lo scudetto di Davide Marfella, Hubert Idasiak, Pierluigi Gollini, Bartosz Berezynski, Diego Demme, Gianluca Gaetano, Karim Zedadka, Tanguy Ndombele, Alessio Zerbin. E anche di Sirigu e Zanoli.

Lo scudetto di Luciano Spalletti: se il Napoli sembrava una macchina perfetta in campo, se il mondo ha elogiato il gioco degli azzurri e se il Napoli è passato dall’essere una polveriera a un gruppo coeso, il merito è dell’allenatore di Certaldo. Troppo sottovalutato, nonostante non abbia mai fallito un obiettivo per cui era stato assunto. Ha trasformato la vita calcistica di tanti giocatori, da Totti a Brozovic, da Lobotka a Osimhen. Questo scudetto è tutto suo e può sbatterlo in faccia a chi lo ha criticato e a chi ha provato a umiliarlo in una serie tv.

Lo scudetto di Cristiano Giuntoli: “devi tagliare!” è stato il diktat del presidente nel mercato estivo. E il direttore ha tagliato. Via Ospina, Ghoulam, Koulibaly, Fabian Ruiz, Insigne, Mertens. Il Napoli è la squadra col sesto monte ingaggi della Serie A, ma la prima per qualità. Lo dice il suo campionato da record.

Lo scudetto di Aurelio De Laurentiis: “faremo di tutto per vincere lo scudetto”, aveva detto prima dell’estate scorsa, annunciando la rivoluzione che poi si è verificata a partire da qualche settimana dopo. Nessuno gli credeva, gli urlavano Pappone e mostravano cartelli indicanti l’autostrada A16, che porta da Napoli a Bari. ADL ha incassato e ora gode come un riccio dopo aver messo a tacere tutti, ma proprio tutti, nessuno escluso.

Lo scudetto di Tommaso Starace, il magazziniere. Perché questo è lo scudetto di tutti. E Tommaso è l’unico dell’attuale società a potersi vantare di aver vinto 3 scudetti.

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